Le imprese più inclusive sono più efficaci. La diversità è un fattore di competitività: aumenta la capacità di innovare. Non basta però aggiungere quote rosa per rendere le organizzazioni creative. Come hanno scritto Robin Ely e David Thomas in "Getting serious about diversity" sulla Harvard business review, per liberare i benefici della diversità è necessario trasformare la cultura aziendale. Il primo passo? Accogliere la diversità della minoranza più grande che c’è: le donne.

Il tema è ancora urgente. Secondo il Gender policy report 2022 dell’Inap, in Italia l’occupazione è cresciuta, ma senza intaccare il divario di genere. Le donne sono anche meno coinvolte nell’organizzazione del lavoro: nel 76% dei casi è il datore a decidere orari di ingresso e uscita. Con buona pace della conciliazione.

Se un'organizzazione da sola non cambia il Paese, tante, insieme, possono ispirare la trasformazione e contribuire a raggiungere il Goal 5 "Parità di genere" progettando modelli organizzativi inclusivi e “di ogni genere”. Per farlo serve il codesign o design partecipativo: l’insieme di metodi e tecniche per disegnare modelli e processi a più voci, includendo la diversità in fase progettuale. Lo si può sperimentare nel laboratorio online in cui vengono disegnate insieme pratiche da adottare per rendere la diversità di genere diffusa. Vengono raccolte le pratiche in una guida con licenza creative commons.

L’incontro rientra nel ciclo Codesign the future con cui diffondiamo la cultura della partecipazione nelle organizzazioni.