In Italia il tasso di abbandono scolastico è pari al 12,7%. Fondamentale per contrastare il fenomeno è il coinvolgimento di tutti gli attori. Le esperienze di reti educative raccontate all’evento del Festival sul Goal 4.
Rete, alleanza e patto sono state le parole chiave dell’evento “Tra povertà e ricchezza educativa: le scuole al centro di alleanze territoriali” del Festival dello Sviluppo Sostenibile, organizzato dai Gruppi di lavoro ASviS sul Goal 4 “Istruzione di qualità” e su “Educazione allo sviluppo sostenibile”, che si è svolto a Napoli il 10 maggio con il patrocinio del Comune di Napoli.
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Durante l’incontro sono state presentate l’iniziativa “Scuole e territorio: storie di connessioni per contrastare la povertà educativa”, un racconto sulle alleanze significative nel contrasto alle disuguaglianze educative, e la raccolta “Next generation schools”, un documento, realizzato grazie ai rappresentanti degli Aderenti all’Alleanza, che riunisce esperienze di innovazione scolastica in Italia, raccontate nel blog omonimo di FUTURAnetwork, ora aperto al contributo di tutte e tutti.
Ad aprire il convegno sono state Giordana Francia e Maria Chiara Pettenati, coordinatrici del Gruppo di lavoro (Gdl) sul Goal 4, che hanno ricordato l’importanza dell’istruzione di qualità come “strumento per raggiungere tutti gli altri Obiettivi dell’Agenda 2030” e l’urgenza di intervenire per ridurre i divari socio-culturali e territoriali e la dispersione scolastica.
“I numeri della povertà educativa in Italia ci dicono, per distribuzione e per quantità, che questo tema deve diventare prioritario nelle politiche del Paese. Questa questione è un presupposto dello sviluppo, non un esito” ha sottolineato nel suo intervento anche Andrea Morniroli del Forum Disuguaglianze e diversità e della cooperativa sociale Dedalus, ricordando la necessità di immaginare un’alleanza fra tutti gli attori della comunità educante, come scuole, famiglie, enti comunali e del Terzo settore.
Da sinistra: Chiara Pettenati, Andrea Morniroli, Giordana Francia
L’esigenza di agire in modo “integrato, partecipato, precoce e territorialmente corale” è stata evidenziata anche da Francesca Bilotta, coordinatrice del Gdl sul Goal 4, nell’intervento di introduzione al panel, moderato da Marco Gioannini, anch’esso coordinatore del Gruppo, in cui sono state condivise esperienze territoriali positive di alleanze scolastiche.
La prima a prendere parola è stata Valeria Catalano, direttrice dell’Istituto comprensivo Colozza Bonfiglio di Palermo, afferente a uno degli 11 Osservatori sulla dispersione scolastica della città, nati oltre 20 anni fa come strumento per ridurre la povertà educativa e i divari territoriali. “Sono delle reti territoriali che accolgono non solo rappresentanti del Comune, dei servizi sociali e dei tribunali, ma anche della neuropsichiatria infantile e del Terzo settore” ha spiegato Catalano, affermando che “non esiste un modello adattabile a tutte e tutti. Abbiamo chiesto una scuola per tutti, ma dobbiamo volere una scuola per ciascuno”.
Silvana Antonia Sasanelli, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Pascoli-Cappuccini a Noci, in provincia di Bari, ha esposto il processo di creazione di una rete educativa, passando dall’io alla classe, dalla classe alla scuola, fino ad arrivare alla comunità educativa. “La parola chiave è proprio ‘patto’, che presuppone un reciproco impegno. E come ci insegnano i bambini, quando si fa un patto e si promette qualcosa, quel patto dev’essere rispettato” ha sottolineato la dirigente. Gli istituti del patto educativo, compreso l’Istituto comprensivo Pascoli-Cappuccini, hanno chiesto alle proprie alunne e alunni di avanzare delle idee per migliorare le scuole. “Oltre a indicazioni molto pragmatiche, sugli spazi, sui sussidi e sulle tecnologie, è emersa la richiesta di spazio-tempo per le relazioni” ha raccontato Sasanelli.
Un’esperienza simile accade all’Istituto comprensivo Ardea 2 di Roma, dove le ragazze e i ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo grado sono stati coinvolti nel progetto dei Consigli Fuoriclasse. “È necessario interagire e intervenire in maniera precoce e capillare. Questa autorevolezza si ha quando si ha un buon dialogo a tutti i livelli. Abbiamo ascoltato i ragazzi e loro si sono sentiti accolti e compresi” ha raccontato Fulvia Schiavetta, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo Ardea 2 di Roma, “hanno chiesto spazi fisici interni ed esterni alla scuola per vedersi, lavorare insieme e collaborare. E mi hanno chiesto di avere adulti di riferimento per mediare con i loro bisogni e di parlare di sessualità e di genere”. “I ragazzi rispondono ai nostri input, ma sono anche capaci di darcene tanti se siamo in grado di ascoltarli”, ha concluso la dirigente.
“Gli sforzi fatti in questi anni stanno producendo degli effetti, non dappertutto. L’intervento è ancora molto squilibrato su tanti territori e vi è la necessità di concentrarsi su questi territori”, ha dichiarato Andrea Bollini dell’Ufficio di coordinamento della gestione dell’unità di missione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) del ministero dell’Istruzione e del merito, ricordando che vivere in una casa comune significa cercare insieme le soluzioni a problemi che interessano tutta la società. Ci sono, tuttavia, alcune difficoltà nello sviluppo di reti educative perché “non tutti gli enti locali sono perfettamente in contatto con le loro scuole e non tutti i territori hanno lo stesso livello rispetto al Terzo settore. Ogni scuola è un modello a sé e in questo senso sono state pensate le azioni del Pnrr”.
Andrea Bollini ha anche riportato l’invito di Simona Montesarchio, direttrice generale dell’Unità di missione per l’attuazione degli interventi del Pnrr del ministero dell’Istruzione e del merito, di continuare il confronto all’interno del ministero.
Successivamente Mariaroberta Gregorini, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo G. Russolillo, e Maria Luisa Salvia, dirigente scolastica dell’Istituto comprensivo F. Palasciano, hanno raccontato l’esperienza della Rete di scopo, una collaborazione territoriale nel quartiere Pianura di Napoli dove mancano strutture di ricreazione, centri sportivi e scuole secondarie di secondo grado. “Stiamo co-progettando dei laboratori per la prevenzione della dispersione scolastica, in sinergia con le dirigenti che non sono state destinatarie dei fondi perché non siamo dirigenti solo dei nostri alunni della nostra scuola, ma del territorio” ha raccontato Gregorini, riportando come la rete educativa possa diventare uno strumento per contrastare il “senso di solitudine”.
Anche Cesare Moreno, presidente dell’associazione Maestri di strada onlus, ha sottolineato l’importanza di coinvolgere tutti gli attori della società perché “o la comunità si applica alla classe, alla scuola, al territorio e ai ministeri o rischia di non esserci”.
“Il linguaggio della ‘rete’ appartiene al linguaggio giuridico, quello dell’alleanza appartiene al linguaggio delle relazioni e dell’amore” ha dichiarato Moreno, rimarcando il ruolo delle relazioni nei progetti di contrasto alla dispersione scolastica. “Oltre a rafforzare le relazioni è necessario assicurare le competenze di base, supportare le famiglie in difficoltà e garantire formazione e riflessione continua” ha concluso Moreno.
Dagli interventi sono emerse alcune lacune comuni ai diversi territori, tra cui le competenze pedagogiche degli educatori, il continuo cambiamento del corpo docente, la mancanza di strutture per la prima infanzia e di servizi come le mense.
Marcella Mallen, presidente dell’ASviS, ha letto il messaggio di Giuseppe Valditara, ministro dell’Istruzione e del merito, che ha apprezzato la scelta di “ritagliare uno spazio di dialogo concreto ed effettivo per dare ascolto alle voci della scuola, al contempo istituzione e comunità, incentivandone la presenza sul territorio”.
La presidente Mallen si è poi soffermata sul fenomeno dell’abbandono scolastico in Italia, un “fallimento formativo”. “Nel nostro Paese il 12,7% fra i residenti tra i 18 e i 24 anni ha lasciato la scuola con al massimo la terza media e non è coinvolto in percorsi di istruzione o formazione”, ha riportato Mallen, ricordando che le ragazze e i ragazzi che abbandonano gli studi provengono spesso da contesti sociali difficili e da famiglie con difficoltà economiche. “Abbandonare gli studi significa avere più difficoltà di trovare lavoro e maggiori possibilità di ricadere in situazioni di marginalità, rendendo ereditario lo svantaggio di partenza” ha concluso, sottolineando l’importanza delle reti di comunità per invertire questa tendenza.
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Scopri il progetto “Scuole e territorio: storie di connessioni”
di Maddalena Binda