Mismatch istruzione-lavoro, formazione emotiva, pensiero sistemico, fuga di cervelli, tra i temi trattati all’evento Rus. Il ruolo che ci si aspetta dagli atenei è di “costruire con la società il futuro della società”.
Quali sono le competenze necessarie per affrontare la transizione ecologica, sociale e digitale dei prossimi anni? Questa la domanda da cui è partito l’evento ASviS dell’11 maggio “La transizione ecologica nell’anno europeo delle competenze” organizzato dalla Rete delle università per lo sviluppo sostenibile (Rus), patrocinato dal comune di Bologna e dai tutor Bcc Emilbanca, Fondazione Del Monte e Gruppo Hera e svoltosi nell’ambito del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023.
Ad aprire il convegno la moderatrice Patrizia Lombardi, presidente della Rus e vice-rettrice per il Campus e comunità sostenibili del Politecnico di Torino, che ha ricordato come proprio il 2023 sia l’anno europeo delle competenze, tema al centro dell’evento: “Viviamo in un’epoca di grande trasformazione e siamo impreparati ad affrontare le complessità”, ha detto Lombardi. La presidente della Rus ha infatti ricordato che l’Italia è l’ultimo Paese europeo in termini di mismatch (disallineamento tra quanto è richiesto dal mercato del lavoro e quanto è effettivamente presente nel mercato); per questa ragione bisogna “investire sulla formazione dei giovani, ma anche attirare persone qualificate dall’estero”.
A seguire è intervenuto Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, che ha posto l’accento sul ruolo delle università nella promozione di competenze strutturate e multidisciplinari. “L’Università è il posto in cui le generazioni si mischiano, per cambiare il futuro e costruire un mondo diverso e migliore”. La domanda di cambiamento, ha aggiunto il direttore scientifico, viene proprio dalle imprese: il 76% delle aziende italiane dice che vuole investire nella sostenibilità, ma il 20% no. “Non è solo un fattore numerico, ma un pezzo forte della società. Sono in opera forze consistenti per dire che tutta questa è un’ideologia” ha avvertito Giovannini. Per questo il ruolo delle Università è così importante, sia dal punto di vista culturale che di supporto alle giovani generazioni.
Di complessità e competenze ha parlato Riccardo Pietrabissa, rettore della Scuola universitaria superiore Iuss di Pavia e coordinatore della commissione Crui per la valorizzazione della ricerca e trasferimento tecnologico. “Costruire con la società il futuro della società: questo è il ruolo che ci aspettiamo che le Università svolgano”, ha detto Pietrabissa. Il rettore si è poi soffermato sulla necessità di modificare la percezione degli strumenti di cui necessiteremo in futuro: “Non esistono più competenze utili, ma capacità di ascoltare le altre competenze. La complessità è la vera sfida, e noi non siamo ancora pronti ad affrontarla in maniera consapevole e aperta”. Per questo, secondo Pietrabissa, bisogna modificare la nostra idea di competenze e metterle al servizio della società.
Anche per Simona Tondelli, prorettrice dell’Alma mater studiorum dell’Università di Bologna, le “competenze trasversali” non devono essere “aggiuntive” o “episodiche”, ma servire a costruire una “formazione integrata” che confluisca direttamente nel mondo del lavoro. Tondelli ha poi evidenziato la necessità di misure repentine per garantire un’accessibilità degli spazi più efficiente, una migliore fruizione del trasporto pubblico per gli studenti e una risoluzione della questione degli alloggi – tema particolarmente caldo in questi ultimi giorni.
Per Francisco Matte Bon, rettore dell’Università degli studi internazionali di Roma, bisogna però sempre ricordarsi che eventi come quello organizzato dalla Rus sono rivolti a “persone già sensibili sui temi sostenibili”, mentre “dobbiamo trovare il modo di raggiungere persone che non sono sensibili”. Inoltre, Matte Bon ha sottolineato che si parla tanto di istruzione ma poco di formazione emotiva delle persone: “Formare la persona vuol dire lavorare sulle emozioni”, esortandola “a non aver paura del diverso e di ciò che non si conosce: è questo che ci può portare a un mondo migliore”.
Guja Bianchi, del Joint research centre sul GreenComp, ha invece parlato del quadro europeo delle competenze per la sostenibilità (GreenComp, per l’appunto) definito l’anno scorso. “Scopo di GreenComp”, ha detto Bianchi, “è identificare le competenze per la sostenibilità da integrare nell’istruzione, in modo da far sviluppare a studenti e professori l’empatia e il rispetto verso il pianeta Terra che ci sta ospitando”. L’obiettivo non è quello di “impartire valori”, ma di comprendere quali valori stimolino comportamenti sostenibili e quali no. Da questo punto di vista “il pensiero critico e sistemico sono fondamentali”, ma c’è anche “bisogno di azioni”.
“La strada della sostenibilità è per ogni università ineluttabile”, ha dichiarato a seguire Antonello Folco Biagini, rettore Unitelma Sapienza. Proprio per velocizzare questo processo c’è bisogno di “inserire questi elementi (di sostenibilità, ndr) anche nei corsi di studio” per attirare l’attenzione di ragazzi e ragazze su questi temi. “Il problema è non far perdere la speranza che queste cose si possano fare”, perché “di fronte all’ineluttabilità smetti di operare a favore. Non bisogna mai mollare la presa”.
Antonio Felice Uricchio, presidente dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), ha sottolineato che il compito di Anvur, a oggi, non è solo quello di “valutare”, ma anche di “valorizzare i processi”. Talvolta il tema della sostenibilità emerge anche nella denominazione dei corsi di laurea, in altri casi è presente nei contenuti, ha proseguito Uricchio, ma in generale “è molto importante che le università abbiano manifestato interesse”. Compito di Anvur, ha concluso Uricchio, è quello di promuovere un’integrazione forte tra “mondo del sistema universitario formativo e mondo della sostenibilità”.
Il secondo panel, moderato da Luigi Di Marco, curatore della rubrica ASviS "Europa e Agenda 2030" e membro della Segretaria generale dell’Alleanza, si è aperto con l’intervento di Gianluca Freddi, co-fondatore di University for SDGs, che ha richiamato l’attenzione sull’importanza di un dialogo intergenerazionale a livello universitario. “La transizione ecologica nasce come processo di solidarietà tra le generazioni, e quando parliamo di università si parla solo in chiosa finale di studenti e studentesse. Ma studenti e studentesse sono il cuore dell’università”. Per Freddi, gli studenti, nonostante non abbiano dalla loro l’esperienza di anni di insegnamento, sono in grado di portare idee innovative per battere nuovi tracciati, fuori da quelli che trattano abitualmente i docenti. “È tramite queste idee che si può delineare uno sviluppo veramente sostenibile”.
Di educazione e intelligenza emotiva ha parlato Gabriella Calvano, di linee guida Lezione zero, Rus educazione: “Bisogna comprendere che educare alla sostenibilità va ben oltre la semplice didattica, ma richiede la formazione di cittadini”, ha detto Calvano. Solo tramite questo percorso di insegnamento, fondamentale se non “nodale”, le Università “possono recuperare il ruolo che hanno perduto”.
Andrea Venturelli, presidente del Gruppo Bilancio sociale e sostenibilità (Gbs), si è concentrato invece sugli aspetti più economici, e in particolare sulla necessità di “incoraggiare le aziende di grandi dimensioni a adottare pratiche di sostenibilità”. Poi, ha lanciato una sfida: “Vogliamo avviare un processo virtuoso di analisi, con il contributo dei gruppi di lavoro dell’ASviS che ci hanno aiutato a mettere a terra già le nostre metriche quantitative”.
In foto, da sinistra: Luigi Di Marco, Christian Zulberti, Claudia Bugno, Simone Cresti, Andrea Venturelli, Gabriella Calvano, Gianluca Freddi.
Delle attività formative di Sdsn – Santa Chiara lab ha parlato Simone Cresti. Per Cresti “bisogna portare le nostre conoscenze al di fuori delle aule universitarie”, ed è proprio quello il compito del Santa Chiara Lab. “Vogliamo promuovere un accrescimento di competenze non solo in settori specifici”. Cresti ha poi ricordato che il tempo che ci rimane comincia a restringersi, e che la sfida del Pnrr “è molto grande”: per questo motivo dobbiamo impegnarci tutti “a efficientare le nostre capacità”.
Di Marco ha poi interrogato Claudia Bugno di Futuritaly sui sistemi per evitare la fuga di cervelli, fenomeno endemico del nostro Paese. “Per tenere questo tesoretto che è il futuro del nostro Paese c’è bisogno di un cambiamento profondo”, ha avvertito Bugno. “Ci vogliono le opportunità. L’Italia consente di avere un bagaglio culturale importante, ma c’è bisogno di attrattività fiscale per attirare cervelli, defiscalizzando il sistema per i primi anni di lavoro”. Altro tema importante è la “diversity all’interno dei board che fanno il Pil del Paese”, un mutamento che per Bugno deve riguardare non solo la diversità di genere, ma anche di età o esperienza estera.
Christian Zulberti, deputy director di Fondazione Enel, ha infine posto l’accento sulle attività di formazione che l’azienda, proprio per evitare il mismatch istruzione-lavoro, sta organizzando all’interno e in collaborazione con le Università, affiancando chi si occupa di formazione “per identificare i temi chiave che sono richiesti dal mondo energetico. Cerchiamo di avvicinare competenze accademiche a trend specifici”. Zulberti ha poi aggiunto che il lavoro di formazione di Enel è rivolto anche all’estero, in particolare al continente africano e ai futuri “energy leader”: “è un’opportunità per rispondere in maniere sempre più veloce a quelli che sono gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”.
“Il Paese deve definire una strategia per il futuro”, ha chiosato Claudia Bugno in chiusura di evento. “Abbiamo bisogno di individuare le competenze seguendo questa direzione”.
di Flavio Natale