Sviluppare l’health literacy in Italia per consentire scelte salutari, anche per prevenire “una pandemia da diabete”. Ministro Schillaci: “serve una comunicazione autorevole e comprensibile”. L’evento sul Goal 3 del Festival.
In Italia l’alfabetizzazione sanitaria (health literacy), definita come “la conoscenza e le competenze per accedere, comprendere e valutare le informazioni in termini di assistenza sanitaria, prevenzione della malattia e promozione della salute”, presenta livelli insufficienti e profonde disuguaglianze tra la popolazione causate dai divari educativi e socio-economici. La scuola, il personale sanitario e il mondo della ricerca ricoprono un ruolo fondamentale per diffondere conoscenze che permettano di adottare corretti stili di vita, anche attraverso le opportunità offerte dalla tecnologia e dai nuovi mezzi di comunicazione. È questo quanto emerge dall’evento ASviS “Conoscere fa bene: il ruolo dell’health literacy nella promozione della salute” del Festival dello Sviluppo Sostenibile, che si è svolto il 18 maggio presso il Salone internazionale del libro di Torino. L’incontro, moderato da Maria Concetta Mattei, giornalista Rai, è stato organizzato dal Gruppo di lavoro sul Goal 3 “Salute e benessere” dell’ASviS con il supporto di Iren e Fondazione Compagnia di San Paolo, in qualità di Tutor della tappa torinese, e di Viatris, Tutor per il Goal 3, e con il patrocinio della Città di Torino.
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“L’Agenda 2030 rischia di essere sconfitta e rischiano di concretizzarsi quegli scenari che gli scienziati avevano previsto da tempo si sarebbero verificati”, ha affermato Enrico Giovannini, direttore scientifico dell’ASviS, in apertura dell’evento, facendo riferimento all’alluvione in Emilia-Romagna e ricordando lo stretto legame tra salute umana e salute del Pianeta e l’importanza di adottare un approccio One health. “L’ASviS propone ormai da tempo l’adozione rapida del Piano di adattamento ai cambiamenti climatici che però non ha finanziamenti. Abbiamo, quindi, proposto di usare i nuovi fondi europei 2021-2027 per rendere operativo quel Piano”. Giovannini si è poi soffermato sul ruolo che l’alfabetizzazione sanitaria potrà avere per riconoscere i rischi per la salute, anche quelli legati alla crisi climatica. “Con la pandemia abbiamo imparato che i comportamenti individuali impattano sulla salute collettiva, non solo sulla protezione di sé, perché siamo tutti parte dello stesso Pianeta e della stessa società”, ha concluso Giovannini.
A seguire è intervenuto Orazio Schillaci, ministro della Salute, che ha sottolineato come “scarse competenze di health literacy sono associate a scelte meno salutari, comportamenti a rischio e a un numero elevato di ricoveri ospedalieri, che assorbono in modo significativo le risorse umane ed economiche del servizio sanitario”. Il ministro ha poi evidenziato il ruolo strategico dello sviluppo tecnologico e della comunicazione, “una comunicazione che deve essere autorevole, fondata su evidenze scientifiche, facilmente comprensibile al cittadino, anche per neutralizzare le minacce che arrivano dalle fake news, una comunicazione capace di utilizzare di tutti i mezzi a disposizione, a cominciare dai social media”.
In foto da sinistra Maria Concetta Mattei, Luigi Palmieri, Giuseppe Costa, Giuseppe Novelli, Paola De Castro, Fabio Torriglia e Carla Collicelli. In video collegamento: Orazio Schillaci, ministro della Salute.
Ad aprire il successivo confronto sull’alfabetizzazione sanitaria è stato Luigi Palmieri dell’Istituto superiore di sanità, che ha raccontato l’esperienza del network europeo M-Pohl, nato nel 2018 per misurare i livelli di alfabetizzazione della popolazione. I risultati del sondaggio condotto in Italia non sono incoraggianti: “il 58% della popolazione presenta livelli insufficienti di alfabetizzazione sanitaria, soprattutto tra gli uomini” ha riportato Palmieri, un livello che aumenta nelle fasce di popolazione più anziane, con un minor livello di studio e con maggiori difficoltà economiche. “Non sembra, invece, esserci un gradiente Nord-Sud”, ha concluso Palmieri.
Anche Giuseppe Costa dell’Università degli Studi di Torino si è concentrato su come l’alfabetizzazione sia condizionata dai livelli socioeconomici, dal background migratorio e dall’età. “Più che investire in nuova informazione o in nuove competenze per le persone che “già se la cavano da sole”, ha affermato Costa, è fondamentale concentrarsi sul creare le condizioni per adottare abitudini sane, perché “spesso a mancare non sono le informazioni, ma il contesto adatto”. Per questo, “gli interventi sull’alfabetizzazione sanitaria, quando necessari, vanno affiancati da interventi contestuali”.
Le malattie comuni, come il diabete, oltre ad essere legate alla predisposizione genetica, sono strettamente connesse con gli stili di vita e i comportamenti individuali. A parlarne è stato Giuseppe Novelli dell’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e dell’Italian barometer diabetes observatory foundation (Ibdo), ricordando che “Il 30% delle bambine e dei bambini in Italia è obeso. Questi saranno i diabetici del futuro”. Novelli ha sottolineato che “nel 2020 abbiamo avuto quasi due milioni di nuovi casi di diabete e quasi quattro milioni di nuovi casi di malattie cardiovascolari attribuibili all’obesità. Queste sono in alcuni casi le conseguenze di un’obesità infantile. Queste sono le informazioni da dare. Prevenire oggi per evitare l’evolversi di questa pandemia da diabete”. In questo la scuola riveste un ruolo importante per diffondere l’educazione a una alimentazione sana, ad esempio nelle mense scolastiche.
Ed è sul contributo dell’educazione che si è concentrata Paola De Castro, responsabile del servizio di comunicazione scientifica dell’Istituto superiore di sanità: “ricominciamo dalla scuola perché è lì che si sviluppano le competenze che vanno avanti per tutta la vita. Imparare a ragionare, a discernere le informazioni giuste da quelle non autorevoli, imparare a utilizzare quello che leggiamo per il nostro benessere”. L’educazione non deve essere rivolta solo alla cittadinanza, ma anche ai dipendenti e al personale per acquisire le competenze necessarie per comunicare con i pazienti in modo comprensibile ed empatico, perché “le persone che hanno la conoscenza hanno anche la responsabilità di condividerla” ha concluso De Castro.
“Con questa evoluzione così veloce tante persone rimangono escluse dall’accesso alle cure” ha dichiarato Fabio Torriglia, country manager di Viatris, raccontando l’impegno dell’azienda nel diffondere conoscenze sanitarie per garantire cure adeguate in ogni fase della vita. Per questo è fondamentale diffondere una “alfabetizzazione digitale, che non significa insegnare come utilizzare le tecnologie, ma far sì che siano utili” ha concluso Torriglia.
La tecnologia può contribuire alla diffusione di informazioni corrette, ma rischia anche di amplificare una “autogestione della salute, delle conoscenze e delle informazioni”, come ha sottolineato Carla Collicelli, senior expert ASviS per le relazioni istituzionali e referente del Gruppo di lavoro dell’ASviS sul Goal 3. “Il rapporto tra informazione e fonte si è perso” ha spiegato Collicelli, “parliamo di ‘infodemia’, di una comunicazione ridondante in cui è difficile orientarsi. Qualcuno parla anche di ‘infocrazia’, di una massa di informazioni che ci schiaccia”.
In foto da sinistra: Fabio Torriglia e Carla Collicelli
Sul ruolo della tecnologia, di internet e, in particolare, dei social media si è soffermato anche Francesco Marchionni, consigliere di presidenza del Consiglio nazionale dei giovani. “Oggi viviamo in un mondo in cui l’informazione è molto più accessibile” ha affermato Marchionni, “anche se manca l’abitudine ad applicare queste informazioni, a rendere queste informazioni effettive all’interno di tutti i contesti sociali”. Marchionni ha ricordato anche l’impatto positivo che i social network possono avere nel diffondere buone pratiche in ambito di sanitario, come successo durante la campagna vaccinale contro il Covid-19 o per la donazione del sangue.
A conclusione dell’evento sono intervenute le coordinatrici del Gruppo di lavoro sul Goal 3 dell’ASviS. “Le scelte di salute ora si condividono con il paziente che vuole contribuire alle proprie terapie” ha riportato Carla D’Angelo della Commissione centrale medica del Cai e coordinatrice del Gruppo di lavoro dell’ASviS sul Goal 3, “e per questo anche gli operatori sanitari devono essere formati”. “L’alfabetizzazione sanitaria deve partire dalle scuole” ha ribadito Raffaella Bucciardini del Centro nazionale per la salute globale dell’Istituto superiore di Sanità e coordinatrice del Gruppo di lavoro dell’ASviS sul Goal 3, suggerendo di introdurre lezioni di alfabetizzazione sanitaria durante le attività scolastiche.
Di Maddalena Binda