Dibattito sull’intelligenza artificiale al Salone del libro di Torino. L’“algoretica” guidi la discussione sui dati. I diversi futuri possibili nel rapporto con la tecnologia. Serve uno “spazio pubblico” per discutere del progresso.
“La rivoluzione digitale è soprattutto una rivoluzione cognitiva”. Marcella Mallen, presidente dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile, è intervenuta così in apertura dell’evento ASviS “Diritti, etica e governance dell’intelligenza artificiale: scenari e proposte per un futuro sostenibile”, organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 16 (Pace, giustizia e istituzioni solide), FUTURAnetwork, il Cortile dei gentili e il Centro interdipartimentale per l’etica e l’integrità nella ricerca (Cid ethics). Il convegno, svoltosi all’interno del Salone internazionale del libro e moderato da Fabio De Ponte, giornalista Rai, è stato patrocinato dalla città di Torino e supportato dai tutor della tappa torinese Gruppo Iren e Fondazione compagnia San Paolo. “Queste nuove tecnologie devono restare al servizio dell’essere umano”, ha aggiunto Mallen, “per migliorare la qualità della vita e tracciare un futuro sostenibile”.
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Sulla stessa linea l’intervento di Antonino Raspanti, vescovo di Acireale, presidente della Conferenza episcopale siciliana e coordinatore della Consulta scientifica del Cortile dei gentili. Per Raspanti, alla base del dibattito ci deve essere la presa di coscienza dei “rischi e pericoli” che può generare l’Ai, ma anche dei “grandi vantaggi” che può apportare. Per questo, dice Raspanti, bisogna creare una governance globale sul tema, che elabori criteri universali da applicare a Paesi molto diversi tra loro.
Carla Collicelli, senior expert ASviS per le relazioni istituzionali e membro della Consulta scientifica del Cortile dei gentili, si è invece interrogata sulla ragione per cui questi temi sono di grandissima attualità: “con applicazioni come ChatGpt stiamo percependo per la prima volta un rischio nuovo, un rischio di sostituzione e di superamento dell’umano attraverso il tecnologico”. Per questo, secondo Collicelli, è necessaria una riflessione di tipo etico e giuridico, e la collaborazione tra Cortile dei Gentili e ASviS nasce (anche) da questo terreno comune: “Sia dal punto di vista etico che della sostenibilità l’umanità deve procedere ponendosi dei limiti”, ha detto la senior expert di ASviS. “Bisogna salvaguardare l’umano e lavorare per il bene collettivo”.
Stefano Zamagni, professore emerito di Economia politica, presidente della Pontificia Accademia delle scienze sociali e membro della Consulta scientifica del Cortile dei gentili, ha elencato nel suo intervento i “tre diversi approcci” che caratterizzano il rapporto tra essere umano e tecnologia. C’è quello tecnolibertario, del laissez-faire, di stampo transumanista (corrente di pensiero che vorrebbe un superamento dell’umanità attraverso l’ibridazione con la tecnologia) che ha il suo quartier generale in California, nella Singularity university. Il secondo approccio, quello neoumanista, “ha la sua culla nell’Unione europea” e intende mettere le nuove tecnologie al servizio della persona, lasciando “l’essere umano al centro”. Il terzo approccio (diffuso in Cina e India) è quello hobbesiano, e prevede che i governi controllino lo sviluppo delle nuove tecnologie. Zamagni ha anche parlato dell’importanza di discutere di “algoretica”, ovvero l’etica in base alla quale “non si danno in pasto alle macchine tutti i dati, ma solo quelli puliti”, e del rischio di “colonialismo culturale” quando viene applicata “a Paesi con culture diverse un’intelligenza artificiale che è stata pensata per il mondo occidentale”.
A seguire è intervenuta Marta Bertolaso, professoressa di Filosofia della scienza e sviluppo umano presso la facoltà dipartimentale di Scienze e tecnologie per lo sviluppo sostenibile e One health, Università Campus bio-medico di Roma, che ha puntato il suo intervento sul ruolo della “conoscenza tecnologica”, e di come questa porti a comprendere di più la nostra umanità: “Nella misura in cui studiamo l’intelligenza artificiale stiamo conoscendo di più dell’essere umano”, ha detto Bertolaso. Queste nuove tecnologie, però, “hanno sostituito la fatica mentale” e questo potrebbe avere gravi conseguenze per l’educazione e la crescita delle fasce più giovani della popolazione.
“Quello che stiamo vivendo oggi, le persone che si occupano di intelligenza artificiale e scenari futuri lo avevano previsto con qualche decennio di anticipo” ha commentato Roberto Paura, presidente dell’Italian institute for the future.
In foto, da sinistra: Fabio De Ponte e Roberto Paura.
L’intelligenza artificiale, secondo Paura, ci ha portato a riflettere sulla natura stessa della creatività: “Anni fa eravamo tutti qui a dire che la creatività non sarebbe stata sostituita, mentre oggi abbiamo visto che l’Ai può fare anche questo”. Però, abbiamo scoperto che “molti di quei lavori creativi sono in realtà molto routinari”. E se le macchine, secondo il presidente dell’Iiff, riuscissero a coprire buona parte delle mansioni più ripetitive “a noi dovrebbe rimanere il tempo per occuparci della vera creatività”, quella che riguarda le attività dell’intelletto. “Il problema, però, è che si tratta di un ambito che non produce reddito”. Un cambiamento di questa portata dovrebbe quindi essere accompagnato da un mutamento del modello socioeconomico.
Il presidente dell’Iiff ha poi chiuso su due possibili scenari nella relazione tra Ai e esseri umani. Il primo, di cui quasi nessuno parla, è un dialogo efficace tra intelligenza artificiale e umanità, con la prima che compie attività routinarie e la seconda quelle creative. L’altro riguarda un Ai da “allineare ai valori umani”, per capire se si trova o meno in sintonia “con i nostri obiettivi”. Per arrivare preparati all’incontro con questi diversi futuri, secondo Paura, tutte le realtà imprenditoriali dovrebbero dotarsi di un ufficio di anticipazione tecnologica.
Per Michele Petrocelli, PhD e professore presso l'Università Guglielmo Marconi di Roma e autore del volume (In)Coscienza digitale, l’idea dell’alternativa umano-macchina è “antistorica”. Per il professore esiste infatti “un’area di mezzo”, dove le competenze umane vengono aumentate dalla macchina e la macchina impara dagli esseri umani. Da questo punto di vista, dice Petrocelli, le persone non devono più pensare a loro stesse come inquadrate in una singola professione, ma come portatrici di un “set di competenze” che evolvono nel tempo. Petrocelli ha poi aggiunto una chiosa sulla promozione delle lauree Stem in questi ultimi anni: non bisogna forzare i talenti orientati verso altre materie ma, ad esempio, “portare la dimensione tecnologica nelle aule umanistiche”.
Laura Palazzani, professoressa di Filosofia del diritto alla Lumsa, membro della Consulta scientifica del Cortile dei gentili e curatrice del volume della Consulta su Ai e problemi etici “L’intelligenza artificiale: distingue frequenter”. “Questo testo”, avverte Palazzani, “prende una posizione chiara, ed è quella dell’umanocentrismo”. Per Palazzani, infatti, continua a esserci una differenza fondamentale tra Ai e umanità: l’intelligenza artificiale “genera contenuti da ciò che ci sta”, mentre l’essere umano “fa qualcosa di più”. “Questo è un elemento importante”, ha proseguito la professoressa, “la delega alla tecnologia è diventata eccessiva”. Secondo Palazzani non dobbiamo però avere paura della sostituzione, ma applicare un maggiore controllo.
In foto, da sinistra: Donato Speroni e Filippo Salone.
“Sensibilizzazione, sensibilizzazione, sensibilizzazione”: queste le parole chiave individuate da Filippo Salone, coordinatore del Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 16, durante le conclusioni dell’evento. “Oggi ce lo siamo ripromesso come obiettivo: dobbiamo creare uno spazio pubblico su questi temi”. Secondo Salone, per quanto possiamo predisporre dei regolamenti “quello che fa la differenza è la coscienza degli studiosi”.
A chiusura del convegno l’intervento di Donato Speroni, responsabile di FUTURAnetwork che ha citato come esempio dei “vari livelli di futuro che potrebbero attenderci nei prossimi anni” il tema della speranza di vita. Mentre L’Onu prevede che chi nasce nel 2100 vivrà in media 77 anni (solo quattro anni in più rispetto agli attuali 73), il futurista Raymond Kurzweil ha recentemente detto che l’immortalità biologica è vicina, addirittura raggiungibile entro questo decennio. Allo stesso modo si divarica le previsioni sull’intelligenza artificiale, fino all’ipotesi “Novacene”, la prossima era del pianeta suggerita dallo studioso James Lovelock in cui “la tecnologia comanderà e gli uomini saranno tenuti dalle macchine come pet, animali da compagnia”. Si può anche ipotizzare che per dominare le macchine, le persone stesse si trasformino in cyborg, con impianti nel cervello che ne potenziano le capacità. Da qui potrebbe scaturire un conflitto tra “naturali e potenziati”, ovvero tra chi rifiuta e chi accetta queste innovazioni sul proprio corpo.
Altro problema riguarderà le prospettive di coloro che perderanno l’occupazione a causa dell’intelligenza artificiale: per molti esperti come Bill Gates ed Elon Musk, a differenza del passato, nei prossimi anni le nuove tecnologie eroderanno più occupazione di quella che creeranno, provocando un esteso ricorso (in molti Paesi entro il 2050) al reddito universale di base. “Ma il lavoro non è soltanto reddito, ma anche status nella società e soddisfazione personale. Come sarà la vita di chi è escluso dalla produzione? Difficile immaginare che, come auspicava John Maynard Keynes nelle sue ‘Prospettive economiche per i nostri nipoti’, miliardi di persone che non avranno più bisogno di lavorare si dedichino tutte all’arte e alla cultura”.
Per governare questi scenari, ha concluso Speroni, serve una regolazione mondiale del progresso dell’intelligenza artificiale. “Sappiamo che la governance multilaterale è molto difficile da raggiungere in questo contesto geopolitico, ma è necessario battersi perché ci si arrivi, di fronte al progresso tecnologico come anche per la mitigazione della crisi climatica”.
di Flavio Natale