Dall’ASviS analisi e proposte per combattere la disparità di genere in Italia
Pubblicato il Position paper del Gruppo di lavoro dell’Alleanza sul Goal 5 (Parità di genere): “Fare a meno della visione delle donne priva la società di una fondamentale leva di sviluppo”. Focus su lavoro, leadership, violenza, salute.
Per raggiungere il pieno riconoscimento dei diritti delle donne e portare nuove risorse ed energie progettuali per costruire un futuro più prospero, più inclusivo, senza conflitti, sostenibile nel tempo e generoso verso le nuove generazioni, “è necessario assumere come linea guida la trasversalità del raggiungimento dell’eguaglianza di genere”. È questo il messaggio che emerge dal Position paper “L’eguaglianza di genere: un obiettivo trasversale”, presentato dal Gruppo di lavoro (Gdl) dell’ASviS sul Goal 5 dell’Agenda 2030 (Parità di genere), durante l’evento di Napoli del 10 maggio, del Festival dello Sviluppo Sostenibile, dal titolo “Buone pratiche territoriali per l’eguaglianza di genere. Focus su disuguaglianze e differenze tra e nei territori”.
Secondo lo studio, che esamina i diversi volti della disuguaglianza tra uomo e donna con quattro focus di analisi (lavoro, processi di empowerment e leadership, violenza, salute), in Italia assistiamo a un marcato gap di genere. L’indicatore sull’eguaglianza di genere dell’Eige (European institute for gender equality), che misura le differenze in termini di occupazione, gestione del tempo, risorse economiche, conoscenza, salute e potere, nel 2022 ha infatti collocato l’Italia solo al 14esimo posto sui 27 Stati membri dell’Ue.
La pandemia ha poi acuito tali differenze, basti pensare che nel 2020 su 101mila posti di lavoro persi nel mese, 99mila (il 98%) riguardavano le donne e i due terzi di quelle occupate durante il primo lockdown sono rimaste al lavoro in presenza venendo esposte, così, a rischi fisiologici e psicologici. Inoltre, negli ultimi anni, le donne hanno dovuto sopportare un carico di difficoltà e responsabilità maggiore della controparte maschile, dovuto anche al carico di cura. Il tutto, in un Paese che ha un tasso di occupazione femminile al di sotto della media Ue e che vede le donne, a parità di mansione lavorativa, guadagnare meno degli uomini: l’Istat con il suo rapporto Bes certifica che il divario retributivo medio annuale delle donne è al 43,7% in Italia contro il 39,6% della media europea.
Nonostante la lunga serie di divari, il Gdl ricorda che le misure attualmente messe in campo per rilanciare il Paese non sembrano intervenire in modo convincente su un tema che impone una svolta anche di tipo culturale per il superamento di vecchi stereotipi (che possono essere abbattuti partendo dalle scuole e da percorsi di formazione).
Per contrastare il fenomeno della disparità di genere non bisogna fare i conti solo con il passato. Lo studio infatti sottolinea che “non utilizzare la visione, la progettualità, le competenze delle donne è un comportamento miope perché priva la società di una leva di sviluppo economico e produce risultati non ottimali, in quanto non rappresentativi della società, e quindi inidonei a soddisfarne le diverse esigenze e legittime aspettative”.
Per il rilancio del Paese è dunque necessario impegnarsi per fare in modo che ci siano pari benefici, dato che le donne possiedono le giuste competenze per ricoprire ruoli di spicco sia in ambito pubblico sia privato. Una situazione che ha visto comunque negli anni alcuni passi avanti: prima della legge Golfo-Mosca del 2011 le donne nei Cda delle società quotate in borsa erano il 7%, nel 2021 erano invece salite al 41,2%.
Un’altra nota positiva è che negli ultimi anni le imprese femminili sono cresciute a un ritmo molto più intenso di quelle maschili e oggi l’imprenditoria femminile può essere definita un fenomeno rilevante: il 22% delle imprese, circa un’impresa su cinque, è infatti a conduzione femminile - tra i settori a maggior tasso di femminilizzazione le attività dei servizi (in cui le imprese femminili sono oltre la metà), la sanità e assistenza sociale (37,21%), l’istruzione (30,92%), le attività dei servizi di alloggio e ristorazione (29,21%), l’agricoltura (28,13%) e il noleggio, le agenzie di viaggio e i servizi alle imprese (26,54%). Tuttavia le giovani imprenditrici hanno maggiori difficoltà ad accedere al credito: tra tutte le imprese under 35 che richiedono il credito bancario, “sono più le giovani imprese femminili, rispetto a quelle maschili, a vedere non accolte le loro richieste”.
C’è poi il problema legato all’offerta degli asili nido che si interseca con il tempo a disposizione da dedicare alla formazione o al lavoro. Un’offerta in parte cresciuta negli ultimi anni sulla scorta degli obiettivi nazionali ed europei, ma ancora lontana dai livelli essenziali: i posti a disposizione ogni 100 bambini con meno di tre anni nel 2013 erano 22,5; nel biennio 2020-2021 sono arrivati a 27,2 ogni 100 minori.
Passando al fenomeno della violenza sulle donne, bisogna ricordare che siamo in presenza di numeri non idonei a un Paese che vuole definirsi civile. Nel 2022 sono stati 125 i femminicidi e, nei primi novanta giorni del 2023, se ne devono già contare 33.
Ma esistono tante forme di violenza, che può essere fisica ma anche psicologica e sociale. Sul tema il Gdl propone la diffusione della consapevolezza sul fenomeno; lo sviluppo delle competenze finanziarie delle donne per contrastare la violenza economica; il monitoraggio dell’attuazione del Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto della violenza sulle donne; la definizione delle linee guida nazionali per i centri di recupero degli uomini maltrattanti.
Infine, il Position paper si sofferma sul tema della salute: “appare evidente come sia necessario un nuovo modello di welfare in cui la salute non debba più identificarsi solo nella cura della malattia, ma prima di tutto nella promozione del benessere” e “la medicina di genere deve divenire parte integrante della formazione medica e sanitaria”.
Il documento avanza numerose proposte sui vari aspetti esaminati, incluso che:
- bisogna pianificare interventi massicci e attivi su più fronti per raggiungere in tempi brevi una reale parità di genere;
- occorre ridurre il gender gap delle donne negli ordini professionali e sviluppare una leadership femminile nelle Pmi;
- è necessario monitorare le misure previste nel Pnrr (certificazione di genere, Fondo impresa donna, ecc.);
- bisogna dare continuità agli incentivi per l’assunzione e la stabilità lavorativa delle donne;
- va rilanciato il ruolo dei consultori, con particolare attenzione alla disabilità femminile.
di Ivan Manzo