L’evento sui Goal 1-10 ha esaminato le disuguaglianze che vivono le donne nelle diverse fasi della vita, e il ruolo che devono giocare nelle transizioni ecologica e digitale. Il divario da colmare nelle discipline Stem.
La società che viviamo è caratterizzata da profonde disuguaglianze di genere e da una visione stereotipata della donna. Per evitare che le innovazioni tecnologiche, come l’intelligenza artificiale, assorbano e riproducano questi stereotipi di genere serve incentivare delle discipline scientifico-tecnologiche (Stem) per le ragazze e integrare uno sguardo di genere in tutte le politiche ambientali, considerata la maggiore esposizione delle donne agli impatti dei cambiamenti climatici e il ruolo cruciale del digitale nel prevenirli. Questo è la sintesi delle riflessioni elaborate durante l’evento “Alle radici delle disuguaglianze di genere: il ruolo degli stereotipi nelle transizioni”, organizzato dal Gruppo di lavoro ASviS sul Goal 1 “Sconfiggere la povertà” e sul Goal 10 “Ridurre le disuguaglianze”, insieme al Forum disuguaglianze diversità e con la collaborazione del Gruppo di lavoro sul Goal 5 "Parità di genere", che si è tenuto a Roma il 23 maggio presso la sede del Parlamentino Inail di via Quattro Novembre, nell’ambito della quinta tappa del Festival dello Sviluppo Sostenibile 2023.
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L’incontro è stato introdotto da Flavia Melchiorri Terribile, co-coordinatrice del Gruppo di lavoro sui Goal 1 e 10, che ha aperto i lavori leggendo alcuni dati sugli stereotipi di genere rilasciati dall’Istat nel 2018. Cinque anni fa, “il 59% della popolazione italiana tra i 18 e i 74 anni, senza particolari differenze tra uomini e donne, si identificava molto o abbastanza in queste tre affermazioni: ‘Gli uomini sono meno adatti a occuparsi delle faccende domestiche; per l’uomo, più che per la donna, è molto importante avere successo nel lavoro; è l’uomo a dover provvedere alle necessità economiche della famiglia’. Crediamo che il ruolo degli stereotipi sia molto importante, e vorremmo quindi far emergere le azioni e le politiche necessarie a contrastarli”.
Rosanna Oliva de Conciliis, coordinatrice del Gruppo di lavoro Goal 5 dell’ASviS, ha in seguito preso la parola, ricordando le proposte uscite dall’evento organizzato a Napoli dal Gdl e i contenuti del Position paper pubblicato per l’occasione. Dopo aver ricordato che “un futuro sostenibile è un futuro di pari opportunità”, de Conciliis ha richiamato l’importanza di un vero coinvolgimento delle donne nella transizione digitale, osservando che “va favorita e valorizzata la presenza delle donne che, non solo in Italia ma nel mondo, sono sottorappresentate nel settore dell’intelligenza artificiale, e sono ancora poche le donne che si laureano nelle discipline Stem, solo il 16% delle ragazze. È necessaria un’accelerazione all’accesso delle donne alle materie scientifiche e al digitale”.
Il panel introduttivo è proseguito con una relazione di Linda Laura Sabbadini, direttrice del dipartimento per lo Sviluppo di metodi e tecnologie per la produzione e diffusione dell’informazione statistica dell’Istat, che ha sottolineato la criticità della situazione occupazionale delle donne in Italia: “Circa la metà delle donne non lavora. La problematicità riguarda l’accesso e la permanenza nel lavoro e la sua qualità, perché la precarietà e l’irregolarità sono maggiori per le donne e gli stereotipi approfondiscono queste difficoltà”. Secondo Sabbadini bisogna comprimere gli stereotipi inconsci attraverso “una crescita della consapevolezza collettiva” e dotandosi di una strategia che include anche la formazione dei cosiddetti attori multiplayers, come insegnanti, psicologi, lavoratori dei media.
Lella Palladino, fondatrice cooperativa E.v.a. e assemblea Forum DD, ha parlato del concetto di lavoro di cura, affermando che gli stereotipi culturali sono funzionali non solo al sistema simbolico ma anche a quello economico. “È indispensabile liberare l’amore dai suoi aspetti sacrificabili e di dominio, liberando così la cura di questa dimensione negativa. La buona cura non può essere concepita solo come altruismo e sacrificio, l’attenzione all’altro non deve escludere il rispetto e la cura di sé”.
Il panel “Gli stereotipi di genere nell’educazione”, moderato da Palladino, è stato aperto da Ersilia Vaudo, chief diversity officer dell’Agenzia spaziale europea e presidente dell’associazione “Il cielo itinerante”. L’astrofisica ha sottolineato l’importanza delle discipline Stem, perché “sono i settori a più grande empowerment economico”, e il fatto che ci siano poche donne in questi campi “implica che l’emancipazione economica non arriva. Io sono convinta che la matematica sia un abilitatore di pari opportunità”.
Poi ha parlato Irene Biemmi, ricercatrice e docente di Pedagogia di genere presso l’Università di Firenze, che ha fatto emergere quanto la scuola sia a oggi un vettore di disuguaglianze. “Non c’è traccia a scuola dell’educazione di genere, e così la scuola tende a reiterare gli stereotipi, istituzionalizzandoli”. Per combattere questo fenomeno serve formare “effettivamente” le e gli insegnanti, eliminare gli stereotipi che passano attraverso i materiali didattici e lottare contro la segregazione formativa. Celeste Costantino, già deputata e coordinatrice dell’Osservatorio per la parità di genere del ministero della Cultura, ha invece introdotto il tema dell’educazione all’affettività: “Il primo tassello è l’educazione alla sessualità, che vuol dire imparare a conoscere il proprio corpo. L’altro tassello è l’educazione di genere, per far emergere le donne e la loro storia. L’ultimo segmento è l’educazione civica, imparare quali sono i nostri diritti e doveri”. Costantino ha concluso auspicando una campagna che porti all’adozione durante questa legislatura di una legge che introduca l’educazione all’affettività nelle scuole.
Elena Di Giovanni, co-fondatrice e vicepresidente Comin & partners, ha introdotto e moderato il secondo panel, intitolato “Dati, algoritmi, linguaggio e lotta agli stereotipi”. Diletta Huyskes, head of advocacy Privacy network, ha affrontato il tema dell’etica nella transizione digitale, partendo dall’idea di donne nella tecnologia, evidenziando quanto i luoghi dove vengono insegnate le materie scientifiche siano “difficilmente attraversabili” per le donne. Huyskes ha poi mostrato i risultati della ricerca che sta conducendo su un bias di genere all’interno dell’algoritmo di assegnazione dei sussidi sociali nella città di Rotterdam. Teresa Numerico, professoressa all’Università Roma Tre, è intervenuta con una relazione sulla tecnologia come potere: “La tecnologia è un sistema di regolazione dei rapporti sociali e dei rapporti con la natura, e non è mai neutrale. È possibile fare un lavoro di neutralizzazione delle conseguenze più nefaste e di utilizzo di quelle positive, ma questo ha bisogno di un intervento che è sempre politico”. Ha aggiunto che “gli stereotipi sono dei meccanismi di categorizzazione che utilizziamo per velocizzare la relazione con le altre persone, ma questo concetto è sbagliato, perché le categorie devono poter essere mobili e situate”. L’ultima relazione del panel è stata quella di Guido Vetere, professore dell’Università Guglielmo Marconi, che si è concentrato sui rischi di stereotipi di genere nelle intelligenze artificiali generative come ChatGpt: “Ci sono studi che cercano di capire come ‘bonificare’ questi testi prima di istruire le reti neurali, tuttavia è una cosa abbastanza difficile. Efficace, invece, è l’addestramento a posteriori che porta il sistema a generare delle frasi accettabili”. Il professore ha concluso la sua riflessione interrogandosi su “come educhiamo queste macchine, abbiamo a che fare con grandi monopolisti e un ruolo l’avranno le istituzioni”.
Il terzo panel, “Giustizia ambientale e lotta agli stereotipi di genere”, è stato introdotto e moderato da Barbara Forcina, del Crea e Rete rurale nazionale. Annalisa Corrado, ingegnera, ecologista e nella segreteria nazionale del Partito Democratico, è intervenuta per parlare del suo libro Le ragazze salveranno il mondo, in cui afferma che le donne giocano un ruolo cruciale nella realizzazione della transizione ecologica. “Ci sono delle grandi affinità tra femminismo ed ecologia, per esempio entrambi sono stati esclusi dalle dinamiche del potere, e questa esclusione ha determinato una marea di fallimenti”. Simona Fabiani, responsabile delle politiche per il clima e la giusta transizione nazionale della Cgil, ha poi sottolineato la necessità di creare un mercato del lavoro dove “non ci siano più mansioni che siano solo appannaggio degli uomini o delle donne, per permettere una vera parità di genere e una piena occupazione”. In seguito, Marco Pedroni, presidente di Coop Italia e Associazione nazionale cooperative di consumatori (Ancc), ha sottolineato il legame che intercorre tra “giustizia sociale, parità di genere e ambiente”, evidenziando anche le opportunità che derivano dalla sensibilizzazione dell’intera filiera produttiva sui temi ambientali e di riduzione delle disuguaglianze.
Da sinistra: Simona Fabiani, Marco Pedroni, Annalisa Corrado, Barbara Forcina
L’ultimo panel, “Gli stereotipi di genere nel terzo tempo della vita”, è stato moderato da Chiara Agostini, di Percorsi di secondo welfare. Lidia Ravera, scrittrice e giornalista, ha raccontato il suo libro Age pride, che evidenzia la necessità di tutelare “una vita che duri tutta la vita e non una vita che finisca a due terzi”, sottolineando come gli stereotipi di genere si riproducano anche nella terza età. “Tutti gli stereotipi fanno male, gli ultimi uccidono”. Lo scambio è continuato con le parole di Cristiano Gori, coordinatore Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, che in collegamento da remoto ha sottolineato l’urgenza di istituire una legge per evitare che la cura delle persone anziane in Italia ricada quasi sempre su familiari di sesso femminile. Infine ha preso la parola Chiara Saraceno, honorary fellow Collegio Carlo Alberto e comitato scientifico ASviS, che ha affrontato il tema della fragilità nella vecchiaia per poi concentrarsi sull’inadeguatezza di alcune politiche pubbliche tra cui “Opzione donna”, “che può essere un privilegio per chi si accompagna con una persona con alto reddito” ma penalizza invece “coloro che sono forzate da responsabilità di cura che non possono delegare. Queste donne pagano un prezzo altissimo per andare in pensione prima e in pratica per fare un lavoro di cura gratis”.
In conclusione dell’evento, Flavia Melchiorri Terribile e Silvia Vaccaro, del coordinamento del ForumDD, hanno evidenziato i contenuti e i dati fondamentali che sono emersi dalle relazioni precedenti. Pierluigi Stefanini, presidente dell’ASviS, ha quindi preso la parola per invitare a un “salto in avanti” nelle politiche contro le disuguaglianze di genere, da fare nell’ambito di “una dimensione olistica e integrata”: “Abbiamo come Paese una Strategia nazionale sulla parità di genere approvata nel giugno 2021, ora bisogna realizzarla. Ci sarà anche una donna presidente del Consiglio”, ha chiosato Stefanini, “ma adesso si vedrà se su questo terreno fondamentale le politiche saranno conseguenti e in grado di rispondere alle esigenze”. Rispetto al dibattito su donne e ambiente ha detto: “Se noi realizzassimo veramente la conversione ecologica, credo che verrebbero messi in discussione anche i ruoli sociali tradizionali, ovvero il posto che hanno oggi le donne nella società”. Chiara Oddi, di Fridays for future Italia, ha evidenziato l’attivismo portato avanti da suo movimento, a partire dall’interconnessione tra giustizia ambientale e giustizia sociale, che per essere raggiunte devono prima passare per la messa in discussione degli stereotipi di genere. Rossella Muroni, presidente di Nuove Ri-Generazioni, ha evidenziato il ruolo che le donne stanno già giocando nella transizione ecologica: “Esiste un triangolo magico tra donne, innovazione e ambiente, perché tantissimi dei brevetti necessari in campo ambientale hanno firme femminili”. Infine è intervenuto Andrea Morniroli, co-coordinatore del Forum DD e operatore sociale nella cooperativa Dedalus, che ha parlato del lavoro di cura, “ormai visto come legato al genere, e quindi alla tematica dell’amore e non delle competenze. Questa lettura della realtà ha svilito e sacrificato il lavoro sociale, pubblico e privato”.
di Milos Skakal