Ambiente e giovani in Costituzione sono una “rivoluzione copernicana”

La modifica di un anno fa, discussa all’evento ASviS, richiede politiche coerenti. Amato: “Ora il futuro peserà sul presente”. Le proposte dell’Alleanza per attuare i principi costituzionali e i messaggi di Mattarella e Casellati.

giovedì 23 febbraio 2023
Tempo di lettura: min

Prospettive future a un anno dalla modifica costituzionale:
la parola a Amato, Casadei, Ciafani e Giovannini

Per accelerare il processo di transizione dell’Italia occorre dare effettiva attuazione alla modifica della Costituzione approvata lo scorso anno: spetta ora a Governo e Parlamento dotarsi di strumenti adeguati per garantire la coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile, in particolare introducendo criteri per valutare la costituzionalità delle nuove leggi e misurarne gli effetti sui 17 Obiettivi dell’Agenda 2030 in un’ottica di giustizia intergenerazionale e per esaminare la sostenibilità ambientale e sociale degli investimenti pubblici.

È quanto emerge dall’incontro “Costituzione, ambiente e future generazioni: un anno dopo, a che punto siamo?” organizzato il 22 febbraio dall’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS) alla Biblioteca Casanatense di Roma. Un’occasione per riflettere sull’importante riforma, in vigore dal 22 febbraio 2022, che inserisce tra i compiti della Repubblica (all’articolo 9) la tutela dell’ambiente anche nell’interesse delle future generazioni e il principio in base al quale (all’articolo 41) l'attività economica privata non può svolgersi danneggiando l’ambiente e la salute. L'iniziativa ha raggiunto, attraverso i canali dell’Alleanza, 45mila persone con più di 38mila visualizzazioni della diretta. Inoltre, la diretta dell’evento è stata diffusa anche sui siti AnsaGreen&Blue di la Repubblica, Quotidiano NazionaleRadio Radicale, Rainews e sulle pagine Facebook Ansa, Il Resto del Carlino, Il Giorno, La Nazione, Quotidiano Nazionale, Rai per la sostenibilità Esg e Radio Radicale

Dall'8 al 24 maggio torna il Festival: le novità dell'edizione 2023

La più grande manifestazione italiana per lo sviluppo sostenibile si svolgerà nuovamente in primavera, in tutta Italia e nel mondo. L'iniziativa diventa itinerante, viaggiando tra i territori della penisola da Nord a Sud. 

“Sono passati sette anni dalla firma dell’Agenda 2030 – ha ricordato il presidente dell’ASviS, Pierluigi Stefanini - e ne mancano altrettanti per arrivare al 2030, data entro cui l’Italia si è impegnata insieme agli altri 192 Stati membri dell’Onu a cambiare in profondità l’attuale insostenibile modello di sviluppo. Lo scorso anno, con l’unanimità del Parlamento, per la prima volta nella storia della Repubblica sono stati modificati i principi fondamentali della Costituzione nella direzione indicata dall’ASviS fin dal 2016. Una modifica “storica” che deve indurre profondi cambiamenti nelle politiche e nei comportamenti delle imprese: ora il Governo e il Parlamento devono incorporare questi principi nel modo di formulare le nuove leggi e valutare le politiche pubbliche, così da accelerare la transizione verso un modello di sviluppo sostenibile, in grado di garantire il benessere delle generazioni attuali e di quelle future, in linea con quanto indicato dai 17 Obiettivi dell’Agenda 2030. In sostanza, con questo cambiamento costituzionale si determina una maggiore sensibilità tra la dimensione ecologica e quella economica. Non è un punto di arrivo ma un punto di avvio di un ulteriore percorso che ci porterà a cambiare il paradigma dell'attuale modello di sviluppo. E' un percorso difficile, ma dobbiamo impegnarci per questo orizzonte comune”.

Dopo l’apertura di Stefanini è stato letto il messaggio inviato all’ASviS dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “L’impegno di riflessione di questa giornata di studio sarà sicuramente utile per costruire il futuro. Sono sfide che si rinnovano nella storia dell’umanità e che hanno visto le Nazioni unite, con l’Agenda 2030, indicare con puntualità quali sono gli obiettivi possibili e necessari in questo arco di tempo. L’Unione europea e la Repubblica non possono evadere un impegno in questa direzione”.

La ministra per le Riforme istituzionali e la semplificazione normativa, Maria Elisabetta Alberti Casellati, in un altro messaggio ha definito l’iniziativa presso la Biblioteca di Casanatense come “altamente meritoria, destinata ad approfondire con rigore scientifico e passione civile una delle più importanti riforme costituzionali approvate dal Parlamento. L'introduzione della tutela dell'ambiente in Costituzione, che è stata voluta dalle Camere con larghissima maggioranza, riflette non soltanto la crescente consapevolezza e sensibilità della pubblica opinione e delle forze politiche sui temi ambientali, ma anche l'evolversi dell'orientamento stesso della giurisprudenza costituzionale in materia […]. Sono certa che dalla riflessione promossa da ASviS e dal contributo degli autorevoli relatori scaturiranno indicazioni preziose per il Legislatore delle quali sarà necessario tenere conto”.

Il via al dibattito è stato dato dalla relazione di Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale: “Si comincia sempre dalla Costituzione e si comincia in un’Italia che faticosamente e riottosamente sta percependo il senso e la forza di tale cambiamento. All’inizio noi giuristi eravamo stati indotti a sottovalutare la portata innovativa della modifica perché, in fondo, ci dicevamo che l’ambiente lo si tutelava anche prima. Ma prima della modifica, l’ambiente era rappresentato da ciò che ci circonda in termini di patrimonio naturale storico e culturale. Insomma la bellezza italiana, quella era l’ambiente tutelato. Una difesa del bello da aggressioni, da una cementificazione senza riguardi, da inquinamenti e avvelenamenti. Si trattava di un ambiente però circoscritto in ragione di rischi indirizzati a una parte delimitata di territorio. Ma davanti a tutto quello accaduto negli ultimi anni questo non bastava. Dobbiamo rendercene conto. Inoltre, come italiani, dobbiamo dare atto all’Unione europea: tra l’80% e l’85% della legislazione a tutela dell’ambiente di questi ultimi anni scaturisce proprio dall’Europea. Il nuovo articolo 9 fornisce invece all’Italia una posizione di rilievo per affermare che l’ambiente è un bene comune dell’umanità. Queste sono parole grosse ma appropriate rispetto alla condizione in cui ci troviamo e che in futuro potrebbero compromettere la sopravvivenza del genere umano. Ecco quindi il significato nuovo che la formula ‘generazioni future’ assume. Quando ora si legifera, l’equilibrio che bisogna trovare non è solo tra gli elementi che si hanno concretamente davanti, ma bisogna tener presente gli interessi di quelli che verranno. Non è poco, è una visione a lungo termine, un cambiamento di rilievo. L’articolo 41 ci dice inoltre che da oggi l’attività economica non deve inquinare l’atmosfera dell’intero Pianeta, e non solo il fiume di fianco. Stiamo parlando di un cambiamento che avverrà gradualmente, ma gradualmente non vuol dire mai. Dobbiamo saper imparare a cambiare e a fronteggiare i problemi che abbiamo davanti non in chiave di bonus ma di riforma, dobbiamo preparare il binario del cambiamento. Queste modifiche mirano in quella direzione”.

In seguito Simone Morandini, vicepreside dell'Istituto di studi ecumenici di Venezia, ha ricordato che “le Costituzioni offrono un’espressione compatta alle prospettive e ai valori della convivenza che si vuole realizzare. La modifica di cui parliamo oggi segna un cambiamento di grande portata, che sottende una vera e propria interpretazione del tempo che viviamo. Il nostro tempo è quello dell’antropocene, anzi di grande accelerazione dell’antropocene, segnato da una riscaldamento globale che non riusciamo a frenare e dalla perdita di biodiversità. Solo il polo umano ha la possibilità di modificare questa situazione e quindi ha il dovere di farlo, a noi incombe il dovere di costruire sostenibilità. La Costituzione del 1948 è figlia della confluenza di alcune delle tradizioni più vive del secolo scorso, oggi comprendiamo sempre di più che la giustizia non può che significare anche ecogiustizia, lo sottolinea anche la religione cattolica che è giunta a scrivere un documento come la Laudato Sì. Ci sono luoghi in cui la bellezza non è solo natura, ma frutto di interazione tra paesaggio e cultura. Dell’ambiente ci prendiamo cura solo perché ci fa stare bene, questa è una visione di corto respiro. Importante è il riferimento nella modifica alle future generazioni, qui la notizia di giustizia viene estesa e ripensata: si potrebbe dire che anche se il termine non appare la sostenibilità un anno fa è entrata in Costituzione. Importante poi che si parli di tutela dell’ambiente nello stesso articolo in cui si parla di ricerca scientifica e sviluppo della cultura, per superare quella fallace contrapposizione tra ambiente e tecnica che troppo spesso avvertiamo. Nell’articolo 41 la libertà d’impresa non è vietata ma orientata al fine di promuovere qualità ambientale, salute e dimensione sociale”.

Nel suo intervento, il direttore scientifico dell’ASviS, Enrico Giovannini, facendo riferimento al luogo dell’evento, ha definito la modifica della Costituzione “una rivoluzione copernicana da cui dovrebbero discernere altri cambiamenti. Il giorno in cui la Camera votò la modifica non mi sembrava che le dichiarazioni cogliessero fino in fondo la portata di tale modifica. Per garantire l’effettiva applicazione di tutti i principi costituzionali bisogna assolutamente migliorare la coerenza delle politiche”. Giovannini ha poi raccontato in quale contesto si inserisce la modifica costituzionale: “Tempo fa, insieme ad alcuni colleghi scrivemmo un articolo che fu pubblicato sul Guardian dove veniva spiegato come mettere lo sviluppo sostenibile al centro delle politiche. Al primo posto c’era proprio l'inserimento in Costituzione del concetto. Il secondo era assegnare ai ministri i compiti in funzione della realizzazione degli SDGs; poi andava definito un sistema di indicatori statistici in linea con gli indici per misurare il progresso del Paese (l’Italia già possedeva il Bes); successivamente andava fissato su quale criterio deve focalizzarsi l'analisi costi-benefici; poi andavano definite le regole per una contabilità d'impresa; poi portata avanti una riforma del sistema economico e finanziario globale in favore dello sviluppo sostenibile; e andavano sviluppati nuovi modelli di valutazione di impatto delle politiche. Su quest’ultimo punto tengo a ribadire che si può fare, l'ASviS per esempio fa sistematicamente l'analisi della Legge di bilancio. In sostanza, questo cambiamento può e deve determinare cambiamenti nella governance per evitare che le straordinarie parole scritte in Costituzione restino solamente parole”.

Successivamente Giovannini ha illustrato le proposte dell’ASviS per dare attuazione ai nuovi principi costituzionali, tra cui:

  • modificare i criteri in base ai quali il Parlamento valuta la costituzionalità delle nuove leggi;
  • emanare una direttiva del Presidente del Consiglio che preveda l’inserimento nelle relazioni illustrative delle proposte di legge una valutazione sull’impatto atteso sui 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile;
  • modificare i criteri con cui il Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile (Cipess) valuta le proposte per i nuovi investimenti pubblici in base all’impatto sui 17 Obiettivi dell’Agenda 2030, completando il processo avviato nella scorsa legislatura;
  • adottare in tempi brevi la nuova Strategia nazionale di sviluppo sostenibile (Snsvs) predisposta dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica; recepire al più presto la direttiva europea sulla rendicontazione non finanziaria delle imprese, così da migliorare la valutazione d’impatto economico, sociale e ambientale dell’attività svolta e accelerare l’adozione di comportamenti più sostenibili.

LEGGI ANCHE L'INTERVENTO INTEGRALE DI ENRICO GIOVANNINI NELL'EDITORIALE DEL 24 FEBBRAIO


L’intervento del direttore scientifico dell’ASviS ha aperto una sessione di confronto, moderata da Giorgia Cardinaletti del TG1 e Riccardo Luna, direttore di Green & Blue, con rappresentanti delle istituzioni, della politica e della società civile, alla quale hanno partecipato Mauro Del Barba, membro della Camera dei Deputati, Nazario Pagano, presidente della Commissione affari costituzionali della Camera, Antonella Caroli, presidente di Italia nostra, Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, Agnese Casadei, Fridays for future e Angelica Krystle Donati, presidente dei giovani imprenditori dell’Ance.

Il primo panel di confronto ha visto come protagonisti Del Barba e Pagano. Per Del Barba “forse nemmeno l’ASviS immaginava che si sarebbero modificati i principi generali della Costituzione. Nei giorni della modifica in aula avevo l’impressione che si potesse essere di fronte a un passaggio gattopardesco, dove un momento importante potesse essere derubricato a semplice modifica estetica. Oltre a puntare in una certa direzione, mi preme però dire che occorre anche culturalmente e costituzionalmente andare in quel senso, motivo per cui ho già depositato per tre volte il disegno di legge, l’ultima volta questa mattina, che intende introdurre le parole sviluppo sostenibile in Costituzione. I cardini della modifica costituzionale dovevano essere tre, due sono stati inseriti e cioè ambiente e future generazioni, l’altro è l’inserimento dello sviluppo sostenibile che per me rappresenta una reale presa d’atto che ci troviamo in un epoca in cui è minacciata persino la vita sulla Terra”.

“Ho partecipato alle discussioni in aula che hanno portato a questa riforma – ha ricordato Pagano -. È stato importante che l’intero Parlamento si sia unito intorno a un valore come quello della tutela dell’ambiente, anche in riferimento alle future generazioni. Ora il tema è: come fare in modo che tutti, anche gli italiani, siano consapevoli di questa rivoluzione? Dobbiamo fare in modo che la modifica della Costituzione sia un fatto sostanziale e non puramente estetico, come detto prima. E dobbiamo evitare i continui ‘sali e scendi’ su questi temi, indotti per esempio da fattori esterni, come la crisi energetica. Le istituzioni dovranno avere il ruolo di trasportare il popolo italiano verso un concetto di ambiente diverso dal passato. Il problema culturale non riguarda solo il legislatore”.

Il secondo confronto è stato tra Antonella Caroli e Stefano Ciafani, rappresentanti di associazioni che hanno un orientamento sullo sviluppo diverso, anche quando si parla di crisi climatica.

“Più che ambientalisti noi di Italia nostra ci consideriamo dei protezionisti, e non possiamo pensare che un articolo della Costituzione risolva tutto – ha sostenuto Caroli -. Un anno fa io non ero contenta della modifica costituzionale, per noi era superflua, il paesaggio è una identità collettiva che era già presente in Costituzione. Con l’inserimento della parola ambiente avevamo il timore che si sacrificasse il paesaggio. Noi siamo preoccupati del cambiamento climatico, ma per risolvere il problema non esiste solo l’eolico e il fotovoltaico, c’è anche l’idroelettrico e la geotermia. Le rinnovabili non devono distruggere l’identità di un territorio, vedo per esempio troppa promozione sulle pale eoliche. Secondo noi di Italia nostra non c’è tutta questa fretta”.

Di tutt’altro avviso Ciafani: “Noi di Legambiente invece siamo stati molto contenti della modifica costituzionale, l’abbiamo considerata per certi versi storica ed è arrivata sia al momento giusto, perché viviamo un periodo di grandi trasformazioni dovute anche alle crisi ambientali, e sia in ritardo, perché la scienza ci dice da tempo che è in atto la modifica di un equilibrio planetario che è diventata sempre più evidente con la crisi climatica. Per capire perché siamo in ritardo, basti pensare che la petizione che lanciammo al governo ‘fermiamo la febbre del Pianeta’ è del 1990, due anni prima della Conferenza mondiale sullo sviluppo sostenibile di Rio. In sostanza, è dagli anni ’80 che gli scienziati ci dicono che è urgente agire sulla crisi climatica. Ci sono delle trasformazioni paesaggistiche in corso, tra 30 anni per esempio sulle Alpi non avremo i paesaggi di oggi e avremo zone desertiche nel Sud Italia. L’emergenza climatica rischierà inoltre di spazzare via una parte dei beni culturali del Paese e un grosso pezzo dell’economia nazionale. Tutto documentato nel Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici pubblicato dal ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, che invito a leggere. È vero, bisogna capire bene dove istallare le pale eoliche, tenendo conto anche degli errori del passato, ma su questi errori sappiamo che potremo intervenire. Sulle trasformazioni imposte dal cambiamento climatico invece no, saranno permanenti”.

L’ultimo confronto è stato tra Agnese Casadei e Angelica Krystle Donati.

“Parto subito dicendo: si è un’urgenza e si ci servono le rinnovabili – ha esordito Casadei in risposta a quanto detto nel panel precedente -. Chiunque dica che non è così forse non ha capito in che situazione ci troviamo. Da quando abbiamo iniziato a manifestare le cose sono cambiate ma ancora non al ritmo necessario, viaggiamo verso un aumento medio della temperatura globale di almeno 2,5°C. Il cambiamento della Costituzione è stato un grandissimo segnale. Detto ciò, non possiamo sentirci a posto con la coscienza, la transizione ecologica si fa giorno per giorno. Bisogna portare avanti il dibattito, i media hanno una responsabilità enorme nell’informare la popolazione e, in più, servirà stracciare molti contratti: vanno bloccati moltissimi progetti fossili che abbiamo già avviato per centrare gli obiettivi climatici. Smettiamo poi di parlare solo di futuro, parliamo anche delle generazioni attuali. La crisi climatica crea problemi anche a noi ed è da qui che si deve partire. Molto spesso la politica e le grandi aziende cercano di nascondersi dietro a un dito, si dimostrano tecno-entusiasti, ma la maggior parte delle soluzioni le conosciamo, l’Ipcc è chiara su questo. Sappiamo però che la transizione non deve gravare sui lavoratori, per questo deve essere anche socialmente giusta, per esempio riqualificando i lavoratori in modo da non pagare il costo del cambiamento. Bisogna parlare nelle aziende, istruire i lavoratori, fare informazione alle persone che dialogano anche con la politica che, invece, fa finta di non vedere noi giovani, forse perché non facciamo Pil. Non possiamo accontentarci dei piccoli passi in avanti, le aziende che dovrebbero davvero cambiare, quelle che sono tra le maggiori responsabili dell’inquinamento e della crisi climatica, stanno invece facendo greenwashing. Stanno facendo finta di cambiare. Troppe aziende si basano ancora sull’estrazione dei combustibili fossili, come Eni e Snam, aziende che stanno facendo profitti sul collasso climatico e non possiamo permettergli di continuare a farlo. Per esempio, Eni diventa Plenitude? Eh no, semplicemente Eni ha aperto una controllata che sta mettendo in mostra per fingersi green. Ma non è così, cerca solo di coprire il resto delle attività, parliamo di un’azienda che al 2050 arriverà con l’85% della propria produzione indirizzata sul gas che, ricordo, è un combustibile fossile. Non possiamo accontentarci, questa non è ambizione”.

Donati ha invece parlato delle difficoltà che incontra il settore di competenza: “L’Ance è consapevole dell’importanza che ha per la costruzione di un futuro sostenibile. Come settore contribuiamo al 40% delle emissioni di CO2 in Europa e al 33% dei rifiuti prodotti, siamo i primi a dire che non si può più lavorare come fatto in passato. La mia associazione sta puntando moltissimo sulla rigenerazione urbana, va però ricordato che il sistema Italia è molto frammentato e che quindi il cambiamento va intrapreso insieme. Ci deve essere una forte comunione d’intenti, noi pensiamo che il costo della sostenibilità debba essere condiviso. Non si può pensare che solo le imprese investano in soluzioni contro la crisi climatica, serve una mano anche dalle istituzioni, per questo chiediamo una strategia di medio e lungo termine a sostegno della sostenibilità. Siamo in generale a favore della direttiva green europea, va però ricordato che per gli edifici in Italia c’è molto da lavorare, basti pensare che da noi il 40% degli edifici detiene la classe G o F contro il 6% della Germania e il 16% della Francia”.

Durante le conclusioni dell’incontro, Stefanini ha ricordato che “si può fare. Coraggio, cambiamento, coerenza e consapevolezza, abbiamo bisogno di questi ingredienti in un contesto globale in continuo mutamento. La coerenza delle politiche, per esempio, dipende dalla costruzione di un sistema multilivello di strategie e di agende nazionali e territoriali per lo sviluppo sostenibile centrato sull’approccio dell’Agenda 2030. Si tratta di una grande sfida su cui lavoriamo collegando le istituzioni con la società civile e con le imprese, un impegno che culmina nel Festival dello Sviluppo Sostenibile. La prossima edizione si svolgerà dall’8 al 24 maggio in tutta Italia, per la quale abbiamo da poco aperto le candidature”.

 

 

di Ivan Manzo